Non esordirò riferendomi all’importanza della cultura nei processi di coesione sociale. Perché l’arte non è bacchetta magica e sarebbe ingenuo demandare ad essa il ruolo di costruzione della coesione sociale. Certo ha un valore è propedeutico ma non può da sola permettere la convivenza civile.
La coesione è principalmente il risultato di politiche intelligenti, il frutto di un lavoro che, a partire da una visione politica, si trasforma in prassi quotidiane .È inutile negarlo: anche a Bergamo si assiste all’indebolimento delle relazioni di solidarietà e all’incremento delle fragilità personali e familiari, all’instabilità e alla diseguaglianza non solo economica. A Bergamo nel 2014 si è scelto di inserire la coesione sociale tra le deleghe di un assessore, associandola a politiche sociali, politiche giovanili, reti sociali, integrazione, pari opportunità.
Una scelta chiara che considera la coesione non la risposta a una emergenza ma un processo che rigenera continuamente la città. Non è questione di fare qualcosa per chi vive nella fragilità con spirito interventista; è questione di stare pazientemente con chi vive nella fragilità per creare reti di solidarietà all’interno della città.